Dopo più di due anni ho deciso di riprendere a scrivere. Oggi più di allora sento il bisogno di condividere le mie idee, i miei punti di vista, le mie paure, il mio disappunto. L'Italia è un Paese in decadenza e forse l'unica cosa che ci resta è la possibilità di capire il marcio del nostro sistema politico, del nostro mercato del lavoro, della nostra economia, della nostra società.
Ho intenzione di dare un taglio più netto ai miei articoli, più politici, più schierati, più personali.
Grazie per avermi dedicato anche un minuto della vostra vita, buona lettura!






" Il pil misura qualunque cosa, tranne ciò per cui vale la pena vivere" (Bob Kennedy)

"La questione morale esiste da tempo, ma ormai essa è diventata la questione politica prima ed essenziale perchè dalla sua soluzione dipende la ripresa di fiducia nelle istituzioni, la effettiva governabilità del paese e la tenuta del regime democratico" (Enrico Berlinguer)


venerdì 1 giugno 2007

Sliding doors

Vi è mai capitato di immaginare la vostra vita in relazione ad un particolare che ne potrebbe aver cambiato il corso? Vi è mai capitato di trovarvi davanti alle porte scorrevoli di un treno e pensare, anni dopo, cosa sarebbe cambiato se quel treno l’aveste preso o meno? A me si, tante volte.
Ovviamente quella del treno è una metafora, rappresenta il momento in cui la propria vita si trova davanti a un bivio, spesso senza neanche accorgersene. L’idea non è mia, l’ho mutuata da un celebre film che analizzava le imprevedibili conseguenze di un banale metrò preso o perso, un mattino qualunque nella vita di una persona qualunque. Il titolo è, appunto, sliding doors.
A me capita spesso di tornare su scelte passate, ricostruirmi mentalmente la vita a seguito di eventuali scelte diverse: se avessi scelto questa facoltà? Se avessi giocato in questa squadra? Se fossi andato a vivere in questa città? Se in quella occasione mi fossi comportato così? Se, se, se, se…con i se e con i ma non si fa la storia, o almeno così si dice…Io sono convinto che bisogna immaginare la propria vita in divenire, guardare avanti senza voltarsi indietro mai (o quasi mai). Tra l’altro andrebbe anche valutato se siamo davvero padroni delle nostre azioni. Qualcuno crede nel destino, in un filo rosso che lega gli episodi della nostra vita al fine di realizzare un disegno già scritto e a noi sconosciuto. Personalmente al fatalismo credo poco e spesso torno sui miei passi attribuendomi meriti e demeriti di quel che mi accade. Forse sbaglio peccando di presunzione. L’unico dato oggettivo, sia come sia, è che indietro non si torna e ognuno paga i propri errori così come raccoglie quello che ha seminato. Poi il resto rientra nel campo delle ipotesi, delle congetture, delle eventualità. In una parola, in tutto ciò che lascia il tempo che trova. Forse l’unica cosa da fare sarebbe correre, sempre e comunque, qualunque sia il proprio ruolo e il proprio percorso, a prescindere dall’essere un leone che deve correre più della gazzella per non morire di fame o gazzella che deve farlo per non essere mangiata. Per entrambi fermarsi a ragionare sui se potrebbe essere deleterio.

9 commenti:

Anonimo ha detto...

Uhm... Il pensare a che risvolti possa prendere una decisione presa in un determinato momento della propria vita pone quesiti in tutti. Certo c'è chi riflette più di altri, ma se tutte queste persone a causa del loro voler indagare i labirinti del destino e dei se, dovessero andare dallo psichiatra, temo servirebbero degli psichiatri anche per chi non si pone affatto questi umani questiti. E' meglio porsi domande sul passato per prender decisioni future migliori o non porsi mai domande perchè si considerano vane? (domanda di marzulliana memoria)

Anonimo ha detto...

Esatto Gianlù, la vita è un continuo ed inesorabile "divenire", uno scorrere (lento o rapido,è relativo) delle nostre esistenze, che ci pone davanti scelte più o meno libere, ripetutamente, ogni giorno, ogni istante.
Dov'è il trucco allora?
Il trucco sta nel non cedere alla trappola della autocommiserazione, del "piangersi addosso", nel guardare al passato unicamente come paradigma per scelte future e non come a qualcosa che ha inesorabilmente segnato le nostre vite (anche se a volte così è).
Il trucco sta, appunto, nel non vivere di fantasmi, di "ma se avessi agito così...", di "ma ormai è troppo tardi...", ma di guardare continuamente avanti e di trovare sempre la forza di reagire agli errori commessi.
Sono convinto che l'uomo sia in gran percentuale "artefice del proprio destino", mentre in una percentuale minore vi sia quel sottile filo, che preferisco chiamare "caso" più che "destino", apportatore degli eventi inaspettati, di ciò che non possiamo programmare o prevedere e che, comunque, influisce in maniera sostanziale sulle nostre scelte e azioni. L'importante è sapere sempre cosa si vuole dalla vita e avere la forza e la volontà di perseguire i propri intenti...la volontà, la determinazione, credo siano gli ingredienti principali di un successo nella vita, l'autocommiserazione e l'abbandono alla "divina provvidenza" i sicuri fautori di una esistenza grama e sterile.

Anonimo ha detto...

Per quanto riguarda lo psicologo: credo che una sorta di "psicanalisi interiore" sia il primo passo per non cadere nell'autocommiserazione di cui parlavo sopra... se tutti ci guardassimo dentro, ogni tanto, forse eviteremmo di ripetere continuamente gli stessi errori e capiremmo molto probabilmente dove sbagliamo con noi stessi e con gli altri. Preferisco essere io lo "psicologo di me stesso", anche se riconosco che in taluni casi può esser necessario l'intervento esterno di altre persone... credo perciò che la miglior seduta di psicanalisi consti di queste fasi:

1) Psicanalisi interiore - analizzarsi, ripercorrere alcune tappe e cercare di comprendere gli errori commessi

2) Psicanalisi "collettiva" - anche una chiacchierata con un amico/a, l'importante è instaurare un "confronto" con l'altro/gli altri, senza pregiudizi e/o arroganza, ma nel modo più aperto e disponibile possibile.
A volte le parole degli amici possono essere importanti al fine di chiarire alcuni punti della nostra personalità che possono sfuggirci.

In ultima sede si può ricorrere all'intervento di un professionista, quando si è talmente trincerati sulle proprie convinzioni/posizioni da non volersi mettere mai in gioco cercando di migliorarsi.
Questo sempre IMHO ;)

Anonimo ha detto...

Ci son vari tipi di consulenza psicologica, e credo che ognuna di queste branche sia un modo di conoscere più a fondo una parte di noi stessi. Anzi, credo sarebbe interessante avere una sorta di psicologo personale con cui relazionarsi in momenti negativi o soggettivamente felici, per avere un parere dall'esterno che esula dal giudizio critico di familiari e amici.
Pensare che l'andare dallo psicologo equivalga al dire che si è al confine tra savità e follia mi sembra limitatamente restrittivo. E invito tutti i fruitori del sito ad auto-esaminarsi e riflettere su loro stessi, quale di questi rami potrebbe essere più utile ad iniziare un'analisi introspettiva di voi stessi? Vi conoscete davvero come vorreste? tsk tsk

LA TERAPIA PSICANALITICA

E' la prima forma di psicoterapia che è nata per opera di S.Freud. Scopo di questa terapia come diceva lo stesso Freud "è rendere conscio l'inconscio", ed è appunto l'indagare le motivazioni inconscie dell'esperienze e dei comportamenti attraverso l'uso delle libere associazioni verbali, dell'interpretazioni dei sogni e delle fantasie, l'analisi delle "resistenze" e dei "transfert"..

LA TERAPIA FAMILIARE (o sistemico-relazionale)

In questa forma di psicoterapia viene trattato l'intero sistema relazionale familiare del paziente perchè la causa del suo malessere è da ricercare nell'intera famiglia che è a sua volta disturbata o disfunzionale. In questo caso il paziente è portatore di un sintomo che è un "sintomo della famiglia" ed il lavoro del terapeuta è orientato a ridefinire l'intero sistema familiare e le sue realazioni. Le sedute sono prevalentemente di gruppo.

LA TERAPIA COGNITIVO-COMPORTAMENTALE

Questa forma di psicoterapia si occupa solo del comportamento manifesto e ha il fine di eliminare il sintomo. Tale forma di psicoterapia si serve della conoscenza e della utilizzazione di specifici processi psichici dette "leggi dell'apprendimento" e non è esente dagli effetti del contatto profondo che si stabilisce fra paziente e terapista.

Anonimo ha detto...

Basterebbe l'applicazione dei 2 punti che ho scritto sopra per non necessitare di una figura professionale a pagamento che ci capisca... un po' di umiltà e auto-critica penso siano la cosa migliore per rapportarsi meglio con sé e con gli altri.

Anonimo ha detto...

Peccato non tutti (o forse quasi nessuno) siano in grado di applicare i tuoi 2 punti in mondo costruttivo e oggettivo.
Che poi umiltà, buon senso, giusta autocritica, capacità di decostruire e ricostruire i propri pensieri siano un sicuro auto-aiuto alla personalità e alla sicurezza interiore non è certo da mettere in dubbio.

enrico ha detto...

CHE PESANTEZZA RAGAZZI



RAGIONATE SU QUESTO :
secondo voi è meglio
un cavallo di battaglia
o
una battaglia a cavallo???

Anonimo ha detto...

Enrico io preferisco una cavalla da battaglia....

Unknown ha detto...

raggazzi....sto leggendo solo ora questi commenti...non credo di passare per superficiale se dico che vi fate troppi film...la vita spesso non va ragionata così tanto, perchè lecose che scegliamo noi sono davvero poche, serve solo tanto coraggio e forze d'animo.
Meno trip e più concretezza,grazie.
ciao ciao