Nicolas Sarkozy, neo-presidente della Repubblica Francese, sta attuando riforme a ritmi frenetici. Pur essendo esponente della droite, le sue linee politiche di governo appaiono ugualmente più a sinistra che in Italia, dove c’è un governo socialista. Mi spiego meglio: il neo-inquilino dell’Eliseo ha effettuato tagli sul welfare state, il quale ciò nonostante resta più consistente del nostro. Qualche esempio: ha tagliato il sussidio di disoccupazione a chi rifiuta un impiego per due volte. In Italia, il sussidio di disoccupazione non esiste. Abolizione dell’imposta di successione su piccoli e medi patrimoni. Da noi è stata abolita anche su quelli grandi, da Berlusconi così come dal governo attuale, dato il tacito assenso.
Assodato che lo stato sociale d’oltralpe sia indubbiamente più forte, qualcuno potrebbe pensare che il rovescio della medaglia sia un’ ingente spesa pubblica. Invece no, visto che l’Italia ha un debito pubblico pari al doppio di quello francese. Il cuore del problema, dunque, è sempre lo stesso. Mi spiace ripetermi ma l’inefficienza dell’amministrazione nostrana è sempre sotto gli occhi di tutti.
I meccanismi della spesa sono rimasti quelli dell’era DC, finalizzati alla formazione del consenso e alla creazione di clientele dipendenti dal denaro pubblico, attraverso sovvenzioni a cliniche amministrate da politici o loro amici, pensioni a cinquantenni, alti stipendi a funzionari statali spesso perditempo,ecc. Non lo devo ricordare io che gli investimenti finalizzati ad un miglioramento del benessere generale siano anche quelli verso bambini, famiglie, anziani, poveri,ecc. Lo Stato italiano, sul piano delle azioni politiche costruttive, è vergognoso. Il governo è composto, tra ministri e sottosegretari, da circa ottanta persone. L’altro giorno ho scoperto l’esistenza del ministro per l’attuazione del programma di governo, un tale Santagata Giulio. Ma stiamo scherzando? Ma che ministero è? Ma erano finite le poltrone? In Francia i ministri sono 15. Credo che oltre cinquant’anni di dittatura bianca (il governo DC) abbiano reso il nostro Paese un luogo di sprechi e inefficienze, come tangentopoli (e non solo) dimostrò a inizio anni '90. Detto questo non aggiungo altro per non citare articoli che ho scritto in precedenza. Spero un giorno di potermi smentire…
Dopo più di due anni ho deciso di riprendere a scrivere. Oggi più di allora sento il bisogno di condividere le mie idee, i miei punti di vista, le mie paure, il mio disappunto. L'Italia è un Paese in decadenza e forse l'unica cosa che ci resta è la possibilità di capire il marcio del nostro sistema politico, del nostro mercato del lavoro, della nostra economia, della nostra società.
Ho intenzione di dare un taglio più netto ai miei articoli, più politici, più schierati, più personali.
Grazie per avermi dedicato anche un minuto della vostra vita, buona lettura!
Ho intenzione di dare un taglio più netto ai miei articoli, più politici, più schierati, più personali.
Grazie per avermi dedicato anche un minuto della vostra vita, buona lettura!
"La questione morale esiste da tempo, ma ormai essa è diventata la questione politica prima ed essenziale perchè dalla sua soluzione dipende la ripresa di fiducia nelle istituzioni, la effettiva governabilità del paese e la tenuta del regime democratico" (Enrico Berlinguer)
sabato 9 giugno 2007
martedì 5 giugno 2007
Una questione di numeri
E’ passato circa un anno dall’instaurazione del governo Prodi ma ancora oggi permangono dubbi circa la sua possibilità numerica di amministrare il Paese. Di fatto, ogni giorno gli esponenti della fazione opposta ne invocano la caduta per questioni, appunto, di possibilità aritmetiche di governare. Ovviamente gli attaccati si difendono sostenendo il contrario. Chi ha ragione? Forse è il caso di fare un po’ di chiarezza…
Le elezioni politiche del 2006 si chiusero in sostanziale pareggio, con uno scarto ridottissimo ma decisivo pari a circa 24000 voti. Sarà forse colpa del centro-sinistra se l’opinione degli italiani era spaccata e l’esito delle urne fu equilibrato? Io credo di no, per il semplice fatto che nessuno ha la bacchetta magica e tutti provano a fare del proprio meglio. Se poi il match termina in parità non è colpa di nessuno. Così come non è colpa di nessuno se in un sistema democratico bipolare qualcuno deve vincere, qualunque sia la differenza di voti. La democrazia è il governo della maggioranza più uno o non è democrazia. Che questo piaccia o meno, è così.
Chi invece ha colpe pesanti in questa paralisi parlamentare, è il centro-destra del governo Berlusconi. I suoi esponenti hanno prodotto una legge elettorale impresentabile, una “porcata” a detta di chi l’ha firmata, cioè il ministro Calderoli, il quale ha dichiarato di averla scritta volontariamente male per costringere il futuro governo a cambiarla sotto ricatto della Lega. Inoltre, visto che i sondaggi favorivano il centro-sinistra, tutto lo schieramento governativo decise di appoggiarla poiché, bloccando il premio di maggioranza al senato, qualunque governo non avrebbe mai avuto i numeri necessari. In altre parole, sapendo di perdere decisero di limitare i danni. Tra l’altro fu un boomerang perché con la vecchia legge elettorale avrebbero vinto…fu proprio un’idea “brillantissima” quella di cambiarla!
Detto questo, credo abbiate capito di chi siano le responsabilità per l’attuale fase di stallo, quantomeno dal punto di vista algebrico. Di conseguenza, da Berlusconi in giù, dovrebbero avere il buon senso di non ripetere sempre la stessa filastrocca dei "numeri per governare". Io capisco la contrapposizione politica, ma tutto ha un limite…
Le elezioni politiche del 2006 si chiusero in sostanziale pareggio, con uno scarto ridottissimo ma decisivo pari a circa 24000 voti. Sarà forse colpa del centro-sinistra se l’opinione degli italiani era spaccata e l’esito delle urne fu equilibrato? Io credo di no, per il semplice fatto che nessuno ha la bacchetta magica e tutti provano a fare del proprio meglio. Se poi il match termina in parità non è colpa di nessuno. Così come non è colpa di nessuno se in un sistema democratico bipolare qualcuno deve vincere, qualunque sia la differenza di voti. La democrazia è il governo della maggioranza più uno o non è democrazia. Che questo piaccia o meno, è così.
Chi invece ha colpe pesanti in questa paralisi parlamentare, è il centro-destra del governo Berlusconi. I suoi esponenti hanno prodotto una legge elettorale impresentabile, una “porcata” a detta di chi l’ha firmata, cioè il ministro Calderoli, il quale ha dichiarato di averla scritta volontariamente male per costringere il futuro governo a cambiarla sotto ricatto della Lega. Inoltre, visto che i sondaggi favorivano il centro-sinistra, tutto lo schieramento governativo decise di appoggiarla poiché, bloccando il premio di maggioranza al senato, qualunque governo non avrebbe mai avuto i numeri necessari. In altre parole, sapendo di perdere decisero di limitare i danni. Tra l’altro fu un boomerang perché con la vecchia legge elettorale avrebbero vinto…fu proprio un’idea “brillantissima” quella di cambiarla!
Detto questo, credo abbiate capito di chi siano le responsabilità per l’attuale fase di stallo, quantomeno dal punto di vista algebrico. Di conseguenza, da Berlusconi in giù, dovrebbero avere il buon senso di non ripetere sempre la stessa filastrocca dei "numeri per governare". Io capisco la contrapposizione politica, ma tutto ha un limite…
domenica 3 giugno 2007
Voglio Donadoni a casa!
Ieri la nazionale italiana, campione del mondo, ha vinto risicatamente contro le isole Far Oer, squadra dilettantistica. Chi ha segnato a Buffon cioè al miglior portiere del mondo è Rogvi Jacobsen, di professione carpentiere. Per intenderci, anch’io potrei giocare titolare con quella squadra. Qualcuno indicherà nelle scarse motivazioni il motivo della penosa prestazione, ma la sostanza non cambia: Donadoni è inadeguato al ruolo che ricopre. Delle due l’una: o l’Italia fallirà clamorosamente il raggiungimento dei propri obiettivi e il C.T. avrà dimostrato di essere un incapace o vincerà gli Europei e allora avremo la dimostrazione che chiunque potrebbe allenare a certi livelli.
Per chi non fosse esperto di calcio, espongo brevemente il curriculum del personaggio in questione: Lecco (c2), esonerato. Genoa (b), esonerato. Livorno(a), esonerato. Questo “brillante stratega” è il Commissario Tecnico della nazionale campione del mondo. Ma stiamo scherzando? Dopo Marcello Lippi ci meritiamo questo soggetto? Forse non tutti conoscono il motivo della sua nomina. Si tratta della classica “italianata”, ovvero è un raccomandato. E’ un grande amico dell’ex vice-commissario straordinario della FIGC Demetrio Albertini, in carica al tempo dell’assunzione. Inoltre è antipatico, il che non è una novità essendo così anche i suoi predecessori, però almeno loro erano “qualcuno”. Sacchi, Lippi, Bearzot erano allenatori di caratura internazionale, a loro si poteva perdonarlo. E come non citare i grandi giocatori che rifiutano la nazionale, Nesta e Totti in primis. Un po’ di carisma credo che un allenatore debba averlo…con me non si sarebbero permessi! Inoltre c’è una norma che prevede la squalifica per le volontarie rinunce. Donadoni non li convoca per evitare incidenti diplomatici con i club e quindi i due non incorrono in alcuna sanzione…che grande “coglione”!!!
Se in questo gioco esiste ancora un po’ di dignità credo che la prima cosa da fare sarebbe l’esonero di un condottiero incapace, inesperto e senza personalità. Dato che il termine dignità è stato cancellato da tanti dizionari (non solo quello calcistico), ognuno manterrà il suo posto, come sempre in questo nostro assurdo Paese.
Per chi non fosse esperto di calcio, espongo brevemente il curriculum del personaggio in questione: Lecco (c2), esonerato. Genoa (b), esonerato. Livorno(a), esonerato. Questo “brillante stratega” è il Commissario Tecnico della nazionale campione del mondo. Ma stiamo scherzando? Dopo Marcello Lippi ci meritiamo questo soggetto? Forse non tutti conoscono il motivo della sua nomina. Si tratta della classica “italianata”, ovvero è un raccomandato. E’ un grande amico dell’ex vice-commissario straordinario della FIGC Demetrio Albertini, in carica al tempo dell’assunzione. Inoltre è antipatico, il che non è una novità essendo così anche i suoi predecessori, però almeno loro erano “qualcuno”. Sacchi, Lippi, Bearzot erano allenatori di caratura internazionale, a loro si poteva perdonarlo. E come non citare i grandi giocatori che rifiutano la nazionale, Nesta e Totti in primis. Un po’ di carisma credo che un allenatore debba averlo…con me non si sarebbero permessi! Inoltre c’è una norma che prevede la squalifica per le volontarie rinunce. Donadoni non li convoca per evitare incidenti diplomatici con i club e quindi i due non incorrono in alcuna sanzione…che grande “coglione”!!!
Se in questo gioco esiste ancora un po’ di dignità credo che la prima cosa da fare sarebbe l’esonero di un condottiero incapace, inesperto e senza personalità. Dato che il termine dignità è stato cancellato da tanti dizionari (non solo quello calcistico), ognuno manterrà il suo posto, come sempre in questo nostro assurdo Paese.
venerdì 1 giugno 2007
Sliding doors
Vi è mai capitato di immaginare la vostra vita in relazione ad un particolare che ne potrebbe aver cambiato il corso? Vi è mai capitato di trovarvi davanti alle porte scorrevoli di un treno e pensare, anni dopo, cosa sarebbe cambiato se quel treno l’aveste preso o meno? A me si, tante volte.
Ovviamente quella del treno è una metafora, rappresenta il momento in cui la propria vita si trova davanti a un bivio, spesso senza neanche accorgersene. L’idea non è mia, l’ho mutuata da un celebre film che analizzava le imprevedibili conseguenze di un banale metrò preso o perso, un mattino qualunque nella vita di una persona qualunque. Il titolo è, appunto, sliding doors.
A me capita spesso di tornare su scelte passate, ricostruirmi mentalmente la vita a seguito di eventuali scelte diverse: se avessi scelto questa facoltà? Se avessi giocato in questa squadra? Se fossi andato a vivere in questa città? Se in quella occasione mi fossi comportato così? Se, se, se, se…con i se e con i ma non si fa la storia, o almeno così si dice…Io sono convinto che bisogna immaginare la propria vita in divenire, guardare avanti senza voltarsi indietro mai (o quasi mai). Tra l’altro andrebbe anche valutato se siamo davvero padroni delle nostre azioni. Qualcuno crede nel destino, in un filo rosso che lega gli episodi della nostra vita al fine di realizzare un disegno già scritto e a noi sconosciuto. Personalmente al fatalismo credo poco e spesso torno sui miei passi attribuendomi meriti e demeriti di quel che mi accade. Forse sbaglio peccando di presunzione. L’unico dato oggettivo, sia come sia, è che indietro non si torna e ognuno paga i propri errori così come raccoglie quello che ha seminato. Poi il resto rientra nel campo delle ipotesi, delle congetture, delle eventualità. In una parola, in tutto ciò che lascia il tempo che trova. Forse l’unica cosa da fare sarebbe correre, sempre e comunque, qualunque sia il proprio ruolo e il proprio percorso, a prescindere dall’essere un leone che deve correre più della gazzella per non morire di fame o gazzella che deve farlo per non essere mangiata. Per entrambi fermarsi a ragionare sui se potrebbe essere deleterio.
Ovviamente quella del treno è una metafora, rappresenta il momento in cui la propria vita si trova davanti a un bivio, spesso senza neanche accorgersene. L’idea non è mia, l’ho mutuata da un celebre film che analizzava le imprevedibili conseguenze di un banale metrò preso o perso, un mattino qualunque nella vita di una persona qualunque. Il titolo è, appunto, sliding doors.
A me capita spesso di tornare su scelte passate, ricostruirmi mentalmente la vita a seguito di eventuali scelte diverse: se avessi scelto questa facoltà? Se avessi giocato in questa squadra? Se fossi andato a vivere in questa città? Se in quella occasione mi fossi comportato così? Se, se, se, se…con i se e con i ma non si fa la storia, o almeno così si dice…Io sono convinto che bisogna immaginare la propria vita in divenire, guardare avanti senza voltarsi indietro mai (o quasi mai). Tra l’altro andrebbe anche valutato se siamo davvero padroni delle nostre azioni. Qualcuno crede nel destino, in un filo rosso che lega gli episodi della nostra vita al fine di realizzare un disegno già scritto e a noi sconosciuto. Personalmente al fatalismo credo poco e spesso torno sui miei passi attribuendomi meriti e demeriti di quel che mi accade. Forse sbaglio peccando di presunzione. L’unico dato oggettivo, sia come sia, è che indietro non si torna e ognuno paga i propri errori così come raccoglie quello che ha seminato. Poi il resto rientra nel campo delle ipotesi, delle congetture, delle eventualità. In una parola, in tutto ciò che lascia il tempo che trova. Forse l’unica cosa da fare sarebbe correre, sempre e comunque, qualunque sia il proprio ruolo e il proprio percorso, a prescindere dall’essere un leone che deve correre più della gazzella per non morire di fame o gazzella che deve farlo per non essere mangiata. Per entrambi fermarsi a ragionare sui se potrebbe essere deleterio.
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